Libertà di espressione, social, web reputation e responsabilità penale

Il concetto di libertà di espressione o di coscienza è un diritto riconosciuto da tutti gli ordinamenti democratici, che trova le sue radici storiche in concetti filosofici risalenti addirittura all’epoca greca e romana.

Nella nostra Costituzione, è l’articolo 21 a sancire la libertà di tale diritto, applicato ai singoli individui così come ai mezzi di stampa, con un generale limite nella salvaguardia dell’onorabilità e dignità della persona.

L’evoluzione tecnologica, in particolare con la diffusione di strumenti di social networking ormai divenuti mezzo di comunicazione di massa e di pubblicità, ha aperto, però, nuove prospettive e possibilità in materia di libera manifestazione del pensiero. Creando un’identità virtuale, più o meno riconducibile all’identità reale, il world wide web permette tanto di acquisire un’ingente mole di informazioni, quanto di condividerla in modo apparentemente privo di vincoli.

In realtà, tuttavia, comunicazioni come semplici post veicolati attraverso piattaforme di social networking, che vengano letti come offensivi o lesivi della reputazione di una terza parte, possono portare alla denuncia alle Forze dell’Ordine del loro autore. Ingiuria, calunnia, diffamazione, vilipendio, istigazione a delinquere, insomma, sono fattispecie di reato che si realizzano anche e sempre più di frequente nel web.

Anzi, se, come si dice, “pubblicata” in una bacheca pubblica o semipubblica, la comunicazione lesiva può configurarsi come diffamazione aggravata, perché visibile da un ampio insieme di persone. Per altro, per sua stessa configurazione, il web non permette una cancellazione effettiva della maggior parte dei contenuti condivisi su di esso. Si è recentemente espressa in questi termini anche la stessa Corte di Cassazione, con la sentenza 50/2017, sul caso di una diffamazione aggravata perpetrata attraverso il social network Facebook. A nulla vale, per altro, che la piattaforma risulti protetta da una procedura di registrazione, che limiti la condivisione delle informazioni con una parte degli utenti.

Nello scenario attuale, la consapevolezza dei rischi derivanti dall’esposizione on line appare comunque ancora piuttosto limitata, sia in termini attivi, nell’uso della propria libertà di espressione su blog, social media o mailing list, sia in termini passivi, ovvero per quanto attiene alla cosiddetta web reputation. Per le persone fisiche, così come per le aziende, appare, quindi, sempre più importante monitorare accuratamente le fonti social e open source per intercettare il buzz della rete, a volte causa di danni significativi per il business. Tanto più che è legittimo intervenire anche per vie legali in caso si riscontrassero eventuali fattispecie di reato come calunnia o diffamazione.

 

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